Il cablaggio strutturato

Argomento molto importante nell’ambito della progettazione di una rete informatica e argomento fondamentale nella stesura di un tema di Sistemi e Reti nella seconda prova dell’esame di Stato degli istituti tecnici. Alcun dettagli sono spesso approfonditi nelle esercitazioni di Cisco Packet Tracer ma è bene raccogliere una sintesi di concetti chiave. L’argomento, per quanto esposto teoricamente, si presta molto all’esperienza pratica, mostrando agli alunni frammenti di rete scolastica realizzati a regola d’arte o meno.

Perché il cablaggio strutturato

Quando dobbiamo realizzare il cablaggio di un edificio, che sia casa nostra o un edificio pubblico come una scuola o un’azienda, non possiamo improvvisare nella scelta dei dispositivi o tecnologie e posa dei cavi. Occorre sedersi a tavolino, possibilmente con i progetti o qualcuno che conosce bene quella realtà da gestire. Un cablaggio strutturato ben fatto offre numerosi vantaggi, come una maggiore flessibilità nell’allocazione dei dispositivi di rete, la riduzione dei costi di installazione e manutenzione, la semplificazione delle operazioni di riparazione e aggiornamento e un’infrastruttura adatta a future nuove tecnologie, ispezione ed individuazione di malfunzionamenti o colli di bottiglia.

Negli anni 70/80 quando cominciavano a diffondersi le prime reti locali, la carenza di progettazione e strutturazione delle reti faceva si che i dispositivi fossero direttamente interconnessi tra loro, punto su punto, con svariati metri di cavi, spesso gettati in modo caotico e confusionario. Sicuramente qualche brutto esempi odi questi cablaggi ancora lo possiamo ritrovare nelle scuole o edifici pubblici.

Avvalendosi anche di alcuni standard IEEE, ISO e TIA, con la diffusione di nuove prese e tecniche, il cablaggio strutturato oggi è ampiamente utilizzato nelle aziende, nelle scuole, negli ospedali e in altre strutture che richiedono una rete di comunicazione affidabile e scalabile.

In generale, l’installazione di una rete cablata nella pubblica amministrazione è affidata ad aziende installatrici, iscritte alla camera di commercio nel settore dedicato agli impianti e che possono eseguire la certificazione secondo il D.M. 37/08 o norme europee EN.

La scelta delle tecnologie

Come prima fase progettuale è bene verificare le necessità dell’azienda, i servizi che eroga o che vuole integrare nella propria offerta, se esiste già un cablaggio ed ha margini di miglioramenti o vale la pena rimodulare tutto da capo. Da capire, con opportune interviste quali sono gli obiettivi e le prestazioni aziendali che si vogliono raggiungere, anche in più fasi successive di espansione. Parte che per un compito in classe è meno evidente è il budget che può essere invece molto vincolante per la realizzazione ad arte della rete. In base queste esigenze, scegliamo tutti gli elementi passivi quali cablaggi, prese e elementi attivi come switch, router, access point, firewall ed eventuali ripetitori, con quali prestazioni e tecnologie di mercato, quali possono essere le misure di affidabilità di questi ultimi. Particolare interesse e sfida, anche per l’attuale mercato, è progettare in funzione di elementi di domotica per le abitazioni o tecnologie IoT per le aziende 4.0.

Zona Core

Quando dobbiamo cablare una struttura complessa è bene individuare una zona centrale, se non fisicamente, almeno logicamente che sia il punto nevralgico della nostra rete. Questa possiamo indicarla in inglese come zona “core”. Qui in genere è bene inserire i punti di scambio tra la nostra rete LAN e la WAN esterna con i più classici modem nel caso di linea ADSL o in fibra ottica o router veri e propri predisposti con opportune ed analoghe schede di rete. E’ chiaro che aziende o uffici piccoli si avvolgono di modem commerciali economici mentre edifici con complessità ed investimenti diversi si predilige un dispositivo router.

Prima considerazione è: quanto è importante la connessione ad internet? E’ sufficiente alla mia azienda la sola connessione LAN interna? Se la connessione è critica per la mission aziendale, potrebbe essere opportuno raddoppiare i modem o router o prediligere linee di fail over per garantire una continuità del servizio (leggi qui).

I dispositivi di frontiera verso la rete esterna sono opportunamente collegati ad uno switch interno alla nostra stanza tecnica. Tale switch assume un ruolo strategico come è immaginabile e non può essere un dispositivo economico. Il centrostella, così spesso definito, sarà quindi un dispositivo di alta fascia e performance, probabilmente ridondato. Gli switch con queste caratteristiche sono spesso “switch managed” (puoi approfondire qui), ovvero nonostante la loro funzione di livello 2 della pila iso/osi, hanno un indirizzo ip che permette di raggiungerli da remoto per controllarne il funzionamento e gestirne la configurazione (ad esempio della VLAN).

Nella zona core è spesso opportuno inserire anche i server di alcuni servizi aziendali, ad esempio la zona demilitarizzata DMZ per i server web, posta, dhcp, dns e proxy. Non è un caso se la zona core è una stanza tecnica dedicata allo scopo, con refrigerazione, misure antincendio e porte tagliafuoco blindate per impedire accessi abusivi.

Distribuzione

Dalla zona core bisogna distribuire il segnale verso il resto dell’edificio. Possono esserci due situazioni: l’edificio si propaga in orizzontale su un solo piano probabilmente quello a terra, magari anche più edifici/capannoni. La seconda possibilità è che ci siano più piani oltre quello della stanza tecnica/core.

Il primo elemento che parte dal centrostella è una o più linee di backbone. In italiano si traduce con dorsale, ovvero una linee con cavi ethernet di categorie 7 o 8 se non in addirittura fibra ottica in modo da avere un collegamento con elevata banda e resistenza alle interferenze esterne con schermature di buona qualità. Da valutare ovviamente la scelta del cavo giusto per budget e performance necessarie. Le dorsali devono necessariamente avere più banda dei punti di accesso per garantire un traffico dignitoso.

I cavi ethernet di cat 7 ricordiamo possono garantire banda fino a 10 gigabit al secondo, quelli di cat 8 fino a 40 gps, le fibre ottiche a seconda del modello trasportano tra 10 gigabit e i 100 gigabit con il vantaggio di essere pressoché esenti da interferenze e attenuazione nulla anche per svariati metri. Questi ultimi sono nettamente preferiti per creare dorsali, a patto di avere cablaggi sostanzialmente privi di curve ad esempio tra piani in canaline o corrugati dedicati o sospesi con opportuni tiranti metallici che le accompagnano tra i punti di sospensione.

Il backbone, che sia verticale su più piani che orizzontale, può essere costituito da uno o più cavi che arrivano ai singoli piani od edifici, o in alcuni casi un singolo canale rimbalzato da ogni punto intermedio. Spesso i cavi che realizzano il cablaggio verticale vengono fatti passare in canaline per la tromba delle scale o nel vano ascensore.

I punti intermedi sono costituiti in genere da altri switch, posizionati uno per piano o per singolo edificio che fungono da aggregatore per tutta quella realtà. Gli “switch di piano” sono anche questi scelti ad alte performance e di tipo managed per consentire l’amministrazione in remoto e garantire una certa affidabilità. Non sono ridondati, se non per motivi espressamente necessari.

Gli switch di piano dovrebbero essere posti in un punto esplorabile per la manutenzione, che non diano intralcio, magari a terra protetti da un mobile rack con vetro e chiave di accesso.

A seconda del backbone, gli switch di piano devono possedere la corretta tecnologia e porta per supportare la categoria di cavo del backbone, se non addirittura avere una o più prese per la fibra ottica (piuttosto costose a dire la verità). L’importante è cercare di evitare sempre colli di bottiglia con dispositivi che non sfruttano le risorse di rete in modo coerente.

Lo switch può essere collegato direttamente al centrostella o fare da ponte e rilancio per il piano successivo con una seconda porta. In questo secondo caso le caratteristiche di banda devono essere più stringenti e simili a quel della dorsale per non servire i successivi piani “a ribasso”.

Accesso

Giunti allo switch di piano dobbiamo distribuire ora l’accesso ai singoli punti che ne necessitano. In questo caso ci muoveremo dallo switch di piano con un cablaggio orizzontale. Gli switch solitamente hanno 24 porte, ma possono esserci dispositivi anche a 32 o, se necessario, possono essere ponticellati due o più switch per estenderne l’accesso. Questo perché dallo switch di piano dovrebbero partire cavi ethernet verso ogni stanza, ufficio, aula laboratorio che sia, per creare il punto di accesso finale. In questo caso le singole porte non servono ad alte prestazioni. Se il backbone è a 10 o 40gbs, le singole porte verso le stanze possono essere più semplici, economiche e banali porte gigabit ethernet.

Per un buon cablaggio strutturato si dovrebbe prevedere un numero di accessi per ogni stanza anche in surplus eventualmente. Spesso negli uffici, anche se c’è una singola postazione che necessita di accesso alla rete, si portano due linee, o comunque in surplus per il reale attuale utilizzo. Questo perché se oggi domani c’è bisogno di aggiungere una postazione potrebbe essere meno vantaggioso dover riaprire canaline, percorsi vari per ristendere un solo cavo che non posarlo in fase di lavori iniziali globali. La scalabilità di una rete passa anche per questi piccoli dettagli di sovradimensionamento.

Nella stanza arriva il cavo/i cavi a muro. Sul muro poi sarà presente una placca con presa ethernet. E’ bene evitare nella stessa presa far passare o abbinare in qualche modo cavi di corrente ed ethernet che possono generare interferenze a vicenda causando perdita di prestazioni. Lo stesso discorso vale per ogni parte del cablaggio orizzontale: se non per estrema necessità è bene predisporre percorsi, canaline, corrugati differenti per i cavi dati e i cavi di corrente. In alcuni contesti di edifici vecchi storici, cablaggi datati non facilmente rimodulabili questa eventualità di accoppiare potrebbe capitare per forza.

Una pesa da muro ethernet cat.6

Una pessima moda di elettricisti di vecchia generazione era quella di portare il cavo ethernet dallo switch di piano direttamente al pc o dispositivo nella stanza lasciando un cavo ethernet particolarmente lungo e scomodo da gestire, rendendo la postazione per cui era pensato e tagliato praticamente inamovibile. La pratica corretta è di portare la presa nella stanza. Dalla presa poi si valuta un ulteriore cavo ethernet lungo a necessità per arrivare al dispositivo finale, così anche facilmente spostabile.

Come gli switch di piano, anche quelli di laboratorio dovrebbero essere accompagnati da uno o più patch panel. Il patch panel è un elemento cruciale per quanto semplice. Agisce un po’ come la placca da muro del paragrafo precedente. Ad un pannello arriva il cavo esterno al laboratorio, si infila dietro il pannello e possiamo utilizzare la presa anteriore per entrare in uno switch di laboratorio.

Se sul piano abbiamo invece un laboratorio o stanza con un numero consistente di dispositivi, pc, o macchinari vari che necessitano l’accesso LAN, è opportuno predisporre uno o più switch che sono raggiunti da un cavo del cablaggio orizzontale o lo ridividono all’interno della stanza stessa. In genere questi switch sono conservati anche essi in opportuni armadi rack a terra o sospesi, esplorabili, con un vetro protettivo e chiave fisica di accesso.

Un patch panel frontale (sopra) e interno dietro (sotto)

Allo stesso modo, i cavi dei provenienti dai singoli pc o dispositivi non sono collegati direttamente dentro lo switch (come si faceva una volta purtroppo) ma arrivano dietro ad un patch panel con porte numerate ed identificabili. Dal patch panel anteriore porteremo cavetti ethernet allo switch. L’idea è creare un cablaggio, delle piste, che hanno cometerminatori la placca da muro o sul tavolo di lavoro e il patch panel dall’altra parte.

Sembra un passaggio complesso ma il patch panel consente di mantenere pulito il cablaggio, di organizzare le connessioni dei dispositivi raccogliendole in unico punto bene identificato, con etichette chiare e funzionali (es. pc01, pc docente, stampante), di poter fare manutenzione o sostituzione rapida ed indolore dello switch, di individuare con più facilità canali guasti o malfunzionamenti.

Un rack con switch, un patch panel in uscita verso i dispositivi (in basso) e ciabatta di corrente

Dal patch panel, come le presa a muro, possiamo estendere cavi ethernet con i plug agli estremi, della lunghezza desiderata per raggiungere le singole postazioni, preferibilmente passando sotto il pavimento o con canaline raccolte e separate dal passaggio. Molti mobili da ufficio stanno cominciando a predisporre per standard costruttivo cassetti, rastrelliere sotto il pannello o buchi per far scorrere i cavi sia ethernet che di alimentazione a scomparsa o quasi, plache ethernet o di corrente direttamente nel mobilio.

In molti casi l’accesso alla rete lan potrebbe essere anche realizzato con access point piazzati lungo i corridoio del piano, magari duo o tre se il piano è particolarmente ampio o comunque disposti in punti strategici come sale di attesa spazi riservati al pubblico. Vi rimandiamo qui per approfondire questo aspetto.

Ultima modifica 20 Marzo 2024